50 Sfumature di Grigio: come passare da verginella a porca nel giro di due ore di film #cuoriciniezozzerie

In principio fu Twilight.

Sono passati oltre dieci anni da quando orde di ragazzine belligeranti si facevano guerra creando feroci scismi d’Occidente tra Team Edward e Team Jacob, immedesimandosi tutte indistintamente in Bella Swan, vacua diciassettenne con manie autolesioniste e la profondità d’animo di un fagiolo borlotto.

Era l’epoca degli emo, dell’emarginazione volontaria e di gruppo (un controsenso che andava tanto in voga in quegli anni), delle Vans pasticciate con il pennarello indelebile, dei ciuffi che limitavano la visione periferica e delle prime lovestory immaginarie con i non morti perché faceva tanto “ohmioddio, sono una ragazza così unica e complicata che solo un nosferatu bicentenario (che comunque ha le sembianze di un attore di Hollywood ipergnocco) può capirmi!”. Un mix talmente orrido da indurre persino l’attore che in quegli anni interpretò il vampiro Edward Cullen a odiare la saga e a provare un profondo senso di vergogna e autoschifo.

Poi, il fenomeno è andato scemando e, man mano che i poster di Twilight venivano rimossi dalle pareti, piccoli uraganini ormonali iniziavano ad esplodere prepotenti nelle ex fan, che brancolavano nel buio alla ricerca di qualcosa di peccaminoso ma non troppo e che comunque soddisfacesse i loro primi bollori, assecondando anche quel dark side latente, retaggio di anni di devozione ai My Chemical Romance e a Tim Burton.

Sì perché sebbene Twilight raccontasse la storia d’amore tra un’umana e un vampiro (che è uno dei simboli della lussuria per eccellenza), il messaggio che trapelava da ogni riga del romanzo (e da ogni fotogramma della successiva carrellata di film che ne è derivata) era: non smollatela. Tant’è che Bella ed Edward predispongono la copula solo dopo il matrimonio e lei rimane incinta al primo colpo. Un tiro, un centro, insomma.

Si poneva dunque un problema: come continuare a traviare la mente delle giovani fanghèrls con materiale egualmente scarso che assecondasse l’andamento frenetico degli ormoni?

Ed è qui che entra in gioco E.L. James, casalinga cinquanteppassenne con la passione per la nutella e le scudisciate, col suo best seller 50 Sfumature di Grigio, storia di un’altra virginea puella (Anastasia Steele) che intraprende una relazione sado-maso-burocratica con un giovane miliardario (Christian Grey) ovviamente bellissimo ricchissimo altissimo e levissimo. Inizialmente nata come una fanfiction zozza di Twilight scritta sul Blackberry (per stessa ammissione dell’autrice), questa torbida storia di abusi e stalking diventa in poco tempo fenomeno mondiale. Perché, a quanto pare, la maggior parte delle mie colleghe portatrici sane di vagina pensano che vivere sotto lo scacco di un miliardario che combatte fantasmi del passato e traumi infantili prendendoti a cinghiate sul culo sia una cosa molto molto romantica.

Mi permetto di dissentire, ma dopotutto, chi cavolo sono io per giudicare?

I libri, tre mattoni che pesano quanto un neonato, non ho avuto il coraggio di leggerli. Mi è bastato estrapolare qualche frase epica di qua e di là in giro per i forum e guardare il film.

Perché è di quello che parleremo, oggi. Il film di 50 Sfumature di Grigio.

Un tripudio di frasi e situazioni improbabili (lei che cade inciampando sul nulla, lui che dice di essere un animo tormentato da “50 sfumature di perversione”) che culminano in una relazione pregna di contratti, patti di segretezza e burocrazia atta a regolamentare l’interazione dei due.

Il plot è quello tipico da romanzetto rosa, lo stesso che abbiamo visto in Tre Metri Sopra il Cielo e nella sua progenie: lei scialba, imbranatella, semplice, acqua e sapone, occhi chiari, atteggiamento alla “sono sexy e irresistibile ma non me ne rendo conto a differenza delle mie coetanee, preferisco immergermi nei libri piuttosto che andare in disco” ecc; lui immotivatamente ricco (sul serio, cosa fa Christian Grey per vivere? Perché sta pieno di soldi? Per favore ditemelo), bellissimo, misteriosissimo, superdotato, bravissimo a letto e con una serie di complessi che gli impediscono di rapportarsi all’altro sesso in modo normale. Sì perché Christian Grey, che ora si diverte a malmenare culi, è diventato il sadico che tutti amiamo perché da piccolo, a sua volta, è stato sottomesso da un’amica di sua mamma. E qui m’immagino E.L. James che si sarà sentita una pioniera della psicanalisi e della caratterizzazione dei personaggi, un po’ come l’amica che tutti noi abbiamo, quella che s’iscrive a psicologia perché “sa ascoltare e dare consigli alle amichette che litigano col fidanzato”.

Quali inaspettate pieghe prenderà la storia?

Naturalmente, lei con la sua semplicità e la sua purezza d’animo, farà innamorare il bel tenebroso e vissero tutti felici e contenti.

Sì perché E. L. James manco s’è sbattuta a fare mezza ricerca sul sadomasochismo, sulle dinamiche interne alle coppie dominatore – sottomesso, no. Per lei il BDSM è una stortura, una perversione nata in seguito a un trauma infantile. La stessa psicologia spicciola che troviamo in Luca era Gay di Povia, per intenderci.

Fatto sta che, paradossalmente, il sesso è la cosa più consensuale che avviene all’interno del film.

Christian Grey è un egocentrico, un folle stalker con la mania del controllo: controlla quello che Anastasia mangia, quello che indossa, la gente che frequenta. La ricopre di attenzioni e regali costosi, la porta in giro sull’elicottero al primo appuntamento (sempre perché lui è un tenebroso dominatore che non accetta legami emotivi, eh. Perché notoriamente ogni rapporto di scopamicizia viene suggellato da un romantico volo sulla city). Ma dopotutto chissenefrega se hai un fidanzato sociopatico e pericoloso se ha queeeesti….

Insomma, stessa solfa di Twilight. Lui per mesi entra in camera sua per guardarla dormire e oh, quant’è romantico!

No, cavolo, non è romantico. E’ fottutamente inquietante.

Così come è inquietante il fatto che questo film accosti la pratica del BDSM all’abuso. Christian è un uomo gratuitamente violento, sia dal punto di vista fisico che da quello emotivo. Anastasia accetta questo tipo di relazione con lui semplicemente perché non può stabilirne altre. Lui può darle regali costosi e cinghiate sul culo, lei si accontenta di quello. Non è quello che vuole, ma è quello che si convince di volere perché è essenzialmente una smidollata.

Che poi, ad essere pignoli, per essere un film che parla di BDSM, di scene davvero turpi non ce ne sono. Cioè, mesi e mesi di scalpore, film vietato ai minori di 14 anni, annessi e connessi, e la cosa più esplicita che vediamo è un passionale missionario durante la deflorazione di lei.

No, sul serio, dov’è la roba zozza? Non c’è. Semplicemente, non c’è. Io mi sono sorbita due ore e passa di film, ho visto una stanza con le tende di velluto e ogni genere di attrezzo per le più perverse nefandezze (guinzagli, fruste, ganci da macellaio, corde, manette, catene e annessi e connessi) che mi ha caricata di aspettative per COSA? Per una squallida scena finale in cui lei chiede a lui di farle vedere il peggio che può farle e lui si sfila la cinta e le da sei cinghiate sulle chiappe per poi chiederle perdono quando lei scappa in lacrime? Ma sul serio?

Cara Anastasia Steele, sei una sfigata senza possibilità di redenzione.

Che poi, esattamente come accadde con la saga dalla cui costola è nato questo scempio, si è creato un giro di marketing e marchette non indifferente. Solo che, al posto della tracolla con la faccia di Edward Cullen, si sono diffusi tipo ceppi batterici i sex toys firmati 50 Sfumature di Grigio.

Ovviamente nulla di particolarmente peccaminoso, quel tanto che basta alle donne/ragazze medie per spacciarsi guru del BDSM: bende, vibratori dalle misere dimensioni, palline vaginali e altre amenità. Una sorta di BDSM for dummies.

Insomma, 50 Sfumature ha fatto col sadomaso quello che Twilight ha fatto coi vampiri e quello che Colpa delle Stelle ha fatto col cancro.